Il nome della frazione è un “prediale”, cioè un toponimo che contiene e tramanda il nome “Carvus” del primo colonizzatore, probabilmente un veterano dell’esercito di Roma assegnatario di un fondo a compenso del servizio prestato. Il suffisso “acco” rivela a sua volta che il territorio dove il colono (latino) si insediò era abitato da una popolazione a prevalenza celtica o, meglio, “carnica”. L’antichità dell’insediamento è indubbia.
Del Castrum Carvaci che Marc’Antonio Nicoletti, cronista dei patriarchi aquileiesi, riteneva distrutto già nella prima metà del XV secolo, si hanno poche e frammentarie notizie, come pure del villaggio omonimo, sottoposto dal 1415 alla giurisdizione della potente famiglia dei Savorgnan. La modesta struttura fortificata si ergeva con ogni probabilità sull’area individuata con il toponimo cjastielàt sul colle che sovrasta l’abitato, in posizione dominante sulla stretta valle del torrente Cormôr che scorre ai suoi piedi, dove fino a non molti anni fa, prima dell’esecuzione dei lavori di insediamento di una nuova abitazione, si potevano ancora scorgere il fossato che separava un rialzo di forma ovale dal resto della collina, oltre a tracce sparse della muraglia periferica.
La chiesetta di San Giorgio Martire, filiale della parrocchiale di San Michele Arcangelo di Vendoglio e dipendente dalla pieve di Buja, ha una semplice aula rettangolare con copertura a capanna in legno e coro rettangolare con volta a crociera. La facciata, posta sul lato opposto rispetto all’attuale strada, è preceduta da un portico aperto sui tre lati con arcate a sesto ribassato. Il campanile a vela in laterizio che si eleva sopra la parete di fondo dell’abside è una modifica novecentesca, mentre quello originale stava sopra la facciata occidentale. Sul lato meridionale è situato un locale adibito a sacrestia, probabile aggiunta posteriore. All’interno della chiesa si trova un pregevole altare ligneo risalente alla seconda metà del XVI secolo, attribuibile alla bottega di Sebastiano Martini, figlio del più famoso Giovanni. L’opera si presenta alquanto rimaneggiata e priva di alcune parti nel registro superiore, forse asportate per adattarne l’ingombro all’altezza del coro esistente. L’altare di Carvacco proviene infatti dalla scomparsa chiesetta della Ss. Trinità, costruita a metà del ‘700 in località badia di Vendoi sulle rovine di una più antica chiesa abbaziale intitolata a San Paolo, successivamente inglobata nel perimetro murario del cimitero comunale fino alla fine degli anni ’40 del secolo scorso, quando venne demolita. A tale data risale probabilmente lo spostamento dell’altare nella chiesetta di San Giorgio.